U2, il concerto in cui speravi.
Vi ho visto a Modena la prima volta, appunti di filosofia nello zaino e maturità da lì a poco, giornata lunghissima, pioggia ed un enorme albero sul palco. Ho messo seriamente a rischio la serenità famigliare con una doppietta bolognese per colpa dello Zooropa. Ho giocato in casa con altri 149.999 e il mega palco visitato la notte precedente in una sorta di pellegrinaggio mistico misto ad una scorribanda scolastica… Torino, Milano, una trasferta in quel di Monaco di Baviera in 24 ore di sana follia, un altra a Nizza senza passare dal via. Vacanze a Glasgow con concerto incorporato e improbabili ganci in neo dialetto italo scozzese e Roma con 3 ore di sonno (ed altri ancora…)
Eppure questa volta Alberto (di cui sono sempre stata il fido scudiero in campagne musicali ai confini della realtà ) non si era districato nel viscoso mare del web ed i biglietti o presunti tali gli erano scivolati tra le mani come le grasse anguille della sua terra di provenienza …risultato ? “Ma come ? Proprio tu non vai a vederli a Torino ?” Avete presente quella cosa che la gente non dovrebbe proprio dirvi quando vi incontra e che invece puntualmente menziona quando già vi vede all orizzonte ?
Non vado ? Ci provo ? Qualcosa succederà … succede sempre qualcosa.
Si, succede che ti arriva un messaggio, che si è materializzato un biglietto, che c’è un pullman su cui salire e Cristina viene via con te.
E allora scatta quella che io definisco come la classica, piacevole al limite del fastidioso, inevitabile come certi plastici di Bruno Vespa, ansia da concerto. È una sensazione particolare, ti sveglia con il picchio dei cartoni animati che ti scolpisce in testa le magiche parole “oggi è il gran giorno” e ti abbandona quando non solo hai visto il palco montato e i tecnici alle loro postazioni, ma anche la scaletta sapientemente scocciata in prossimità del microfono: allora, e solo allora ti rendi conto che è tutto vero.
Torino, Palazzo dello Sport, un palco che sono 3, una tensione crescente e tutto l’amore del mondo (perché i fans arrivano davvero da ogni dove) per questi 4 giovinetti che tengono il palco con sapienza, maestria e potenza gentile.
Poco male se il leader (il cui personal stylist andrebbe rinchiuso nelle patrie galere) rivelerà una capigliatura giallo paglierino, stivaletti col tacco ed un look giacca più t-shirt che non si vedeva dai tempi di Miami Vice (Cristina, detto tra noi, ancora deve farsene una ragione).
Seduta da brava scolaretta (trovare il parterre all’ultima ora sarebbe stato davvero troppo) attendo che tutto abbia inizio, evito di ascoltare le ipotesi di scaletta che i folcloristici fan spagnoli seduti accanto ipotizzano, mi convinco, con invidiabile determinazione, che certamente salirà sul palco lo special guest dell’ultima data newyorkese (un certo Springsteen,#cosiperdire).
Poi aspetto. Aspetto che la magia abbia inizio, che le note dei Ramones prendano il sopravvento su quelle di Patty Smith, e che voi quattro vi materializziate con quella sconvolgente logica che porta a far apparire gli artisti sul palco con la stessa teoria del teletrasporto di Star Trek…
Il resto è storia, la storia di 30 anni di impegno, distruzione, morte conquiste, muri crollati o forse mai caduti, politici ascoltati ma che non ascoltano, persone di potere ed amore dato e ricevuto…
E’ l’Irlanda che brucia e trasuda sangue, ma anche il grido di dolore siriano, è un mare in tempesta dalle onde gigantesche, un muro spezzato da 4 sagome, un cellulare che posta un video in diretta mondiale, le macerie di Kobane in attesa dell’alba.
E’ la ricerca di una nuova pace, l’#refugeeswelcome, le voci che devono farsi ascoltare ed essere ascoltate perché c’è sempre un Beautiful day da cantare, quello della prima generazione nata senza HIV in un futuro non tanto lontano.
Sta per finire, io sono uno, uno con Adam ed il suo avveneristico ciuffo candido e lo sguardo sornione, uno con Larry e la sua potenza di braccia e quel magnetismo che non ti spieghi ma che subisci volentieri, uno con the Edge, e la sua cuffiettacopertadilinus e quelle dita sempre così troppo veloci, uno con Bono e quegli occhi del cielo che non smetti di fissare come se le lenti protettive proprio non ci fossero. One cantata non da voi ma per voi da chi vi stava aspettando da un po’, e mi pare che ve la siate proprio goduta la nostra performance…
Ps: Alberto i biglietti li ha poi trovati. Parigi, ci va con Elena, e fa bene. Elena l’ha portata in viaggio di nozze alle Hawaii, casualmente gli U2 concludevano lì la tournè, mi hanno telefonato in notturna per farmi ascoltare “Ultraviolet”, la mia canzone preferita, Elena mi ha detto “dovresti esserci tu qui…”