Ballando sotto la pioggia: per Lenny Kravitz questo ed altro…
La superlativa estate in musica della redazione del vostro blog preferito continua senza sosta alternando cantanti italiani e stranieri, pop e rock, ma sempre e comunque con spettacoli di altissimo livello.
La vostra instancabile ghost writer questa volta non è riuscita a resistere al fascino (non solo musicale) di quel gran Belsignore che risponde al nome di Lenny Kravitz per il quale è davvero valsa la pena di affrontare qualche chilometro in più …
La macchina da trasferta comprendente 3 intraprendenti “concertare” era del tutto ignara di cosa sarebbe successo in quel di Piazzola sul Brenta. Dopo due mesi di siccità totale e caldo epocale una nuvola fantozziana di bibliche proporzioni ha pensato anch’essa di assistere al concerto scatenandosi in un fragoroso temporale affrontato dalle 3 con classe, signorilità e meravigliosi impermeabili turchesi alla modica cifra di 5 euro, distinguibili da un semplice sacco dell’ immondizia esclusivamente per la presenza del cappuccio …
Ma torniamo al concerto, anzi prima di tutto all’analisi del look che il nostro blog non può certo trascurare forte del proprio motto “lo stile senza limiti”.
Onore al grande Lenny, l’unico, che insieme a Prince, riesce a permettersi una presenza femminile sul palco pari alla meta’ dei componenti della band. E che donne, stra fashion, ultra glamour e soprattutto brave e con grinta da vendere!
Cindy Blackman, la mitica batterista, capigliatura afro, tunica da squaw, collana e rossetto in tinta ha una forza nelle braccia da impaurire qualunque serio wrestler professionista. Le tre coriste, uscite direttamente da un video dei Boney M per catarifrangenza di leggings, dispendio di paillettes e volume di acconciatura, disegnano nell’aria coreografie accattivanti accompagnate da voci potenti ma aggraziate. Gail Ann Dorsey, serafica, nonchè storica bassista di Bowie, piedi nudi e kaftano fantasia, compensa il tutto con praticità e solidità di suoni. E visto che anche l’occhio vuole la sua parte, anche la rappresentanza maschile non è da meno. Craig Ross, lo storico chitarrista, azzarda un’accostamento paillettes-maculato che in pochi potrebbero permettersi, la sezione fiati è un tripudio di tuniche, boccoli e fine tecnicismo, alle tastiere un groviglio geniale di capelli macina modulazioni senza requie.
E per essere come Lenny cosa ci vuole? Innanzi i jeans devono essere di 2 taglie in meno, la canotta, intessuta nel glitter, sapientemente modulata con quell’effetto vedo-non vedo l’addominale (#ètutto casuale), la camicia impalpabile, la collana a zanne, gli occhiali (anche se fuori imperversa il diluvio universale) rigorosamente a specchio e oscurati modello Blues Brothers.
Il concerto è un pugno rock allo stomaco, tirato e dilatato, potente ed intrigante negli assoli ad effetto, di chiara ispirazione ’70. Un set “carico”durante il quale ogni singola canzone viene sviscerata dai virtuosismi dei musicisti, alterata, nuovamente arrangiata e poi ripresa in esecuzioni talvolta in grado di durare abbondantemente oltre dieci minuti. Lenny istrioneggia dalle movenze agli sguardi, si concede al pubblico, con il quale”gigioneggia ” sapientemente fino a spostarsi, transennato dalle abbondanti bodyguard, nella terrazza contigua al cortile di Villa Contarini, location privilegiata da cui intonare, sotto una folla osannante, il coro di “Let love rule”. Tripudio estasiato quando leva gli occchiali per poi rimetterli senza colpo ferire tra un ammiccamento e qualche parola in italiano…
La pioggia non spegne certo il suo animo focoso e l’entusiasmo dei fan ( noi 3 comprese), e proprio quando pare prendersi una tregua per permettere un tentativo di asciugatura eccola riprendere impetuosa, più di prima e meglio di prima.
Assoli di chitarra al confine dell’hard rock, tastiere vagamente psichedeliche, cori gospel, momenti funk con il sax, nutrimento corposo per le orecchie, indigestione di colori e luci per gli occhi incapaci di staccarsi da un palco così potentemente frequentato. Due ore di concerto per una scaletta breve ma incredibilmente ridondante allo stesso tempo, la voglia di qualche titolo in più indubbiamente rimane così come quella di poter ascoltare altri brani tratti dall’ottimo, ultimo “Strut”.
La pioggia battente sembra caricare ancora di più la batteria della band e del frontman, che nell’unico, trascinante bis, di “Are you gonna go my way”, esibisce non solo una nuova chitarra, ma anche una dinamicità che coinvolge tutto il pubblico a saltare come se il concerto fosse appena iniziato e non, purtroppo, vicino alla conclusione. E a questo punto, chi se ne frega dei jeans incollati, delle scarpe da buttare, delle dita raggrinzite come dopo un bagno in mare troppo lungo, via il cappuccio e gli ombrelli: si balla!!!
LENNY KRAVITZ
Frankestein
American woman
It ain’t over til it’s over
Dancin’ til dawn
Sister
Believe
Always on the run
I belong to you
Let love rule
Fly away
Are you gonna go my way
P.S. A conferma dell’energia del ragazzo la recente rottura degli attillatissimi calzoni in pelle in un eccesso di zelo durante il live di Stoccolma, con annessi e connessi (censura), ma questa, cari lettori, è un’altra storia…